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Decreto-rifiuti: stop della Lega, quella dell’emergenza rifiuti a Milano

“Emergenza rifiuti”, una esclamazione che ormai – a forza di sentirla pronunciare – genera angoscia e sconforto in chi l’ascolta. Parole alle quali viene associata, nella vulgata comune, l’immagine di una sola città, Napoli. Tutti, volenti o nolenti, vedono il racconto quotidiano del dramma partenopeo: cassonetti capovolti con i rifiuti che invadono le strade e bloccano la circolazione, roghi appiccati in ogni dove che diffondono diossina nell’ambiente circostante. Il termine “rifiuti” è stato significativamente sostituito dall’espressione “monnezza”, come per mettere plasticamente in evidenza che “è dei napoletani”.

Tuttavia questa è solo una parte della faccenda. Ma, si sa, l’Italia è un Paese che non ha memoria e il dibattito pubblico odierno ce ne da l’ennesima conferma.

Era il 1995, ad essere sommersa dalla spazzatura era – indovinate un po’ – Milano. Allora amministrata nientemeno che da una giunta monocolore (verde) leghista, sindaco era tal Marco Formentini. Il presidente della regione, già a quei tempi, era Roberto Formigoni. Allora iniziava la sua quasi monarchia: ora è al quarto mandato consecutivo, che scadrà nel 2015, insomma un “ventennio” da governatore. La discarica sotto tiro era quella di Cerro Maggiore – la più grande d’Europa – tra i comuni di Milano e Varese. I manifestanti all’epoca proponevano di “portare i rifiuti ad Arcore per ricordare che Paolo Berlusconi è il vero proprietario di questo impianto”. C’erano “ventimila tonnellate di sacchi neri ammassati nelle strade”, scrive Rodolfo Sala, “la metà dei quali nel piazzale attiguo alla sede della municipalizzata dei rifiuti, proprio davanti all’ospedale San Raffaele”.

Quelle ventimila tonnellate credete forse che furono scaricate sul “sacro pratone” di Pontida? A prendersele fu l’Emilia Romagna, in quegli anni guidata da un certo Pier Luigi Bersani. Non un omonimo, si tratta proprio dell’attuale segretario del PD. Il quale ha infatti sbottato: «Bossi dovrebbe ricordare che era un suo sindaco quello che ricoprì Milano di rifiuti e fui io a portarli via…»

Le agenzie di stampa raccoglievano dichiarazioni come questa:

Il sindaco di Milano, Marco Formentini, in una lettera ringrazia il presidente della Regione Emilia Romagna, Pierluigi Bersani, per la ”straordinaria dimostrazione di solidarietà” e ribadisce l’impegno dell’amministrazione meneghina ”per superare l’intollerabile situazione attuale che vede fluire il nostro carico inquinante, tramite il Po, verso l’Adriatico”. La giunta di Milano, scrive Formentini, ha avviato la realizzazione delle opere di adduzione che consentiranno, ”entro la primavera”, di cominciare a costruire un primo depuratore (capacita’ di quattro metri cubi al secondo, sui nove metri cubi al secondo di reflui della zona meridionale della città).

L’emergenza rifiuti di Milano fu risolta anche e soprattutto grazie all’aiuto delle altre Regioni, oggi però gli uomini della Lega fanno orecchie da mercanti, parlano di “decreto truffa”.

Il senatur ha affermato «Io e Calderoli abbiamo capito il gioco». Ha quindi continuato:

«Sono contrario all’operazione che stavano facendo in consiglio dei ministri. Eravamo io e Calderoli. A un certo punto arriva un decreto, lo leggiamo e vediamo che è un imbroglio. C’è una sentenza del tar del Lazio che prevede che non si possano spostare i rifiuti da una regione all’altra, ma che bisogna trattare con le singole regioni. Se li fanno passare come rifiuti speciali potevi portarli dove volevi. Capito il gioco? noi ce ne siamo accorti e non votiamo questo imbroglio qui. Non passa. Berlusconi è troppo buono, dice che si occupa lui dei problemi. Ma no, nomina commissario il sindaco di napoli. Così non scappa e vediamo se risolve i problemi».

Un Calderoli forse galvanizzato da una abbeverata alle foci del Po’, con un adagio celoduristico, ha pacatamente ammonito: «Faremo volare le sedie!»

Intanto che il governo “tira a campare”, però, il tempo passa e la richiesta di Napolitano al governo di un «impegno duro e non di breve durata» resta inascoltata.

Il governatore campano pertanto “ha provato a spiegare” al Premier che senza decreto le province non possono svuotare gli Stir (gli ex impianti Cdr), premessa indispensabile per consentire un ritorno alla normalità. Per Stefano Caldoro: «La Regione ha fatto tutta la sua parte, avendo poteri minimi e residuali. Da oggi, finché non ci saranno risposte forti da parte del governo e degli enti locali della Campania, abbandoniamo i tavoli istituzionali e nazionali presso il governo e la prefettura».

Inoltre stavolta, a quanto pare, tutto il PDL, messi da parte gli odi e le rivalità tra cosentiniani e anticosentiniani, è sul piede di guerra: «I parlamentari campani del PDL sono 53 e sono tutti pronti a schierarsi contro la Lega. Al Senato e alla Camera non passerà più nulla che interessa a Bossi”».

Vedremo quale epilogo avrà questa vicenda, una cosa però è certa: questo tipo di polemiche proprio nell’anno del 150° anniversario dell’unità del nostro Paese non possono che mortificare chi, nonostante tutto, continua ad amare il suo Paese. L’Italia, checché ne dicano Bossi e Calderoli, è ancora una Repubblica unica ed indivisibile. Il dovere della solidarietà nazionale non può e non deve venire meno per i ricatti e per gli egoismi di una parte.

(Articolo pubblicato su “Caffè News”, lo potete vedere cliccando qui)

Amministrative, l’exploit di Mangoni, il candidato ideale

Parliamo di Luca Mangoni, candidato nella lista di Milly Moratti (cognata del sindaco uscente e moglie di Massimo Moratti, il presidente dell’Inter), che sostiene Giuliano Pisapia. Mangoni è sicuramente un personaggio eclettico: architetto, politico e collaboratore (per la parte scenografica e coreografica) del gruppo musicale italiano “Elio e le Storie Tese”. Durante vari concerti del gruppo di Elio si è presentato in stravaganti travestimenti, dei quali il più famoso è quello del “Supergiovane”, vestito da supereroe e spesso in sella ad una Vespa scoppiettante. Nella sua carriera di architetto il lavoro più conosciuto a pareri contrastanti è la “Mangoni Tower”, un palazzo residenziale in via Nervesa a Milano. In qualità di architetto, Mangoni è considerato uno specialista in tema di urbanizzazione e nella gestione di tutti i “servizi” sotterranei.

Nel 2010 appare nella lista del candidato presidente della Regione Lombardia per la Federazione della Sinistra e sarebbe stato eletto automaticamente se avesse vinto il candidato presidente Vittorio Agnoletto.

Alle amministrative, il “supergiovane”, che si è prasentato come il “Candidato ideale”, ha fatto registrare un vero è proprio exploit, raggiungendo quota 1.068 preferenze. Un risultato sorprendente che ridimensiona ulteriormente il già deludente numero di voti raccolto da vari candidati del centrodestra. Ad esempio Roberto Lassini, l’autore degli infelici manifesti “Via le BR dalle procure” ha ottenuto duecento voti in meno, mentre Giovanni Terzi, anch’egli architetto ed assessore alle Attività produttive, Politiche del Lavoro e dell’Occupazione dell’amministrazione Moratti, ha addirittura ottenuto trecento preferenze in meno.

Per quanto riguarda poi la sfida tutta musicale con la candidata Ornella Vanoni, che sosteneva Letizia Moratti, non vi è proprio stata sfida. La cantante milanese non è infatti riuscita ad andare oltre le 36 preferenze, un risultato sorprendentemente scarso vista la notorietà del personaggio.

Durante questa campagna elettorale Mangoni ha realizzato un video musicale, a suo modo geniale, per far conoscere le sue idee sulla città. Anche in questo caso all’insegna della stravaganza, ha realizzato una parodia del celebre discorso di Berlusconi del 1994 della “discesa in campo”. Di seguito un raffronto tra i due discorsi.

LA “DISCESA IN CAMPO” DI BERLUSCONI

LA “DISCESA IN CAMPO” DEL CANDIDATO IDEALE

(Articolo pubblicato su “Caffè News”, lo potete vedere cliccando qui)